AhlolBayt News Agency (ABNA)

source : parstoday
domenica

26 aprile 2020

11:58:21
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Politica e governo islamico in ‘Allamah Tabataba’i

Abbiamo visto (1) che parte del motivo che spinse Tabataba’i a iniziare l’insegnamento della filosofia fu il suo desiderio di aiutare gli studenti che arrivavano a Qum “con una valigia piena di problemi”.

(ABNA24.com) (2) Molti di questi problemi sorgevano dal contatto con il pensiero occidentale contemporaneo, particolarmente nelle sue dimensioni materialiste. Tabataba’i accettò quindi un invito di ‘Izz al-Din Zanjani a dedicare un’ora della settimana all’analisi logica e alla confutazione del pensiero materialista (3). Secondo una versione differente fu la pubblicazione nel 1950 di Nigahbanan-i sihr va afsun (‘I Guardiani della Magia e della Mistificazione’), un libro che ridicolizzava tutte le religioni, a spingere Tabataba’i a iniziare la lotta contro il materialismo. Il circolo di studio iniziò a incontrarsi ogni giovedì e venerdì sera dell’anno successivo, con la partecipazione di molte figure che svolsero ruoli importanti nella Rivoluzione Islamica e nei primi anni della Repubblica Islamica. (4)

Come testo base ai partecipanti venne chiesto di studiare Sayr-i Hikmat dar Urupa di Muhammad ‘Ali Furughi. Quello che veniva principalmente discusso era una confutazione della pretesa del marxismo di possedere una visione scientifica del mondo e la sua posizione in base alla quale materialismo e idealismo erano le due sole concepibili spiegazioni del mondo; la scelta di una terza parola europea, ‘realismo’, per presentare la prospettiva islamica dell’ontologia, fu senza dubbio intenzionale. (5)

La filosofia islamica è ‘realista’ in quanto accetta la realtà di un’esistenza che resta al di là della percezione umana, e il materialismo del marxismo è infatti ‘idealista’ per il primato che accorda alla mente umana. Queste sessioni private alla fine culminarono nella voluminosa opera di Murtaza Mutahhari Usul-i falsafa va ravish-i ri’alizm. (6) (…)

Per tutto il periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale, e soprattutto dopo l’emergere dell’Imam Khomeyni sulla scena nazionale nel 1963, Qum fu un centro di attività politica e sociale oltre che di formazione culturale. Non solo vi si tennero costanti proteste contro lo Shah e la sua schiera di mecenati stranieri, ma i problemi contemporanei del mondo islamico nel loro insieme venivano trattati in lezioni, libri e periodici. Nonostante la già descritta immersione nelle ricerche scientifiche, Tabataba’i non rimase estraneo a questi sviluppi. Egli dedicò, ad esempio, un saggio sull’argomento frequentemente discusso dello status della donna nell’Islam che andò oltre le ripetizione delle relative disposizioni legali per affrontare alcune preoccupazioni contemporanee. (7)

In un’altra occasione criticò ‘il sedicente mondo civile’ per la sua complicità nei crimini commessi allora dalla Francia in Algeria con il pretesto che si trattava di un affare interno del governo francese. (8) Egli era anche ben consapevole di ciò che Jalal Ali Ahmad chiamò Gharbzadagi (‘Occidentalizzazione’) nel suo saggio del 1962 così intitolato, come indica la seguente frase: “La logica seguita da coloro che governano i nostri affari, i capi della società e anche gli intellettuali, è che il mondo progressista di oggi – con ciò riferendosi al mondo europeo -, è in contrasto con le preoccupazioni religiose, e che le norme che governano la nostra società devono essere accettabili per il mondo, cioè l’Europa.” (9) Numerosi argomenti di interesse contemporaneo vennero trattati anche nelle sezioni del Tafsir al-Mizan [la voluminosa esegesi coranica scritta da ‘Allamah] intitolate ‘bahth ijtima’i’.

Illustrativa del fermento presente nella società iraniana in generale e nei circoli religiosi in particolare fu un’altra opera pubblicata nel 1962, Bahthi dar bara-yi marja’iyat va ruhaniyat, un volume collettivo che cercava di esaminare ed accrescere la funzione delle guide religiose. E’ notevole che in tutta l’opera il contributo di Tabataba’i, un lungo capitolo intitolato Vilayat va za’amat (“Governo e guida), fu l’unico dedicato all’argomento del governo islamico. (10) Il soggetto potrebbe essergli stato suggerito dagli editori, ma è ugualmente possibile che fu egli stesso a sceglierlo come di urgenza rilevante per le circostanze del momento. E’ stato riportato che dopo la morte di Burujirdi nel 1961, ‘Allamah sospese le sue lezioni di filosofia per trattare precisamente l’argomento del governo islamico. (11)

L’approccio di Tabataba’i alla questione è in primo luogo filosofico, argomentando che la necessità del governo è radicata nella disposizione essenziale (fitrah) dell’essere umano e confermata dalla Rivelazione. Ciò nonostante, il suo saggio è più che un mero esercizio filosofico, poiché egli mette in discussione le ideologie e i sistemi politici contemporanei. Il marxismo, egli osserva, ha screditato la sua stessa visione della storia trionfando non nei paesi capitalisti ma in quelli sottosviluppati, e le democrazie parlamentari dell’Occidente, oltre ad agire al proprio interno come dittature della maggioranza, sono precisamente questi Stati che hanno fatto del loro meglio per schiavizzare e sfruttare il resto del mondo. (12)

Quanto all’ordinamento di governo appropriato per i musulmani sciiti durante la continuazione dell’occultazione del dodicesimo Imam, Tabataba’i sembra dapprima esprimersi in modo ambiguo. Dopo aver sollevato come possibilità quella del trasferimento del governo dell’intera Comunità su un corpo collettivo di fuqaha’ [giurisperiti islamici], o sul più sapiente dei fuqaha’, egli sottolinea che “queste sono materie che vanno al di là della nostra preoccupazione corrente e devono essere risolte nel contesto del fiqh [giurisprudenza islamica]”. (13) Il suo obiettivo può quindi esser stato quello di stimolare la discussione di queste differenti possibilità tra i fuqaha’. Egli comunque conclude: ‘La persona che eccelle su tutte le altre in pietà (taqwa), capacità amministrativa (husn-i tadbir) e consapevolezza delle circostanze contemporanee è più idonea per questa posizione [la guida della società]’. (14) Questa frase suggerisce un appoggio alla tesi della vilayat-i faqih (‘il governo del faqih’) come propagata dall’Imam Khomeyni, ed ha davvero molte similitudini con l’Articolo 109 della Costituzione della Repubblica Islamica, che elenca le qualifiche richieste alla Guida (rahbar) (15). Sembra indisputabile che Tabataba’i abbia approvato la teoria della vilayat-i faqih, quanto meno nelle sue linee generali.

Questo saggio non fu affatto l’unico contributo reso da ‘Allamah all’elaborazione teorica del governo islamico. Egli affrontò l’argomento in numerosi luoghi del Tafsir al-Mizan, forse più segnatamente nella sua discussione del versetto 3:200 del Corano (“O voi che credete, perseverate! Incitatevi alla perseveranza…”) dove egli elenca quelli che ritiene i dieci elementi essenziali del governo islamico. (16) L’Ayatullah Mutahhari, che presiedette il Consiglio della Rivoluzione Islamica dalla sua creazione nel gennaio del 1979 fino al suo assassinio nel maggio di quell’anno (17), arrivò ad affermare: “Non ho riscontrato ancora alcun problema riguardante il governo islamico senza aver trovato la chiave di risoluzione nel Tafsir al-Mizan.” (18)

In tutte le apparenze esteriori la quintessenza stessa del sapiente e asceta in pensione, Tabataba’i non fu quindi affatto negligente o inconsapevole della sfera politica (19). Tuttavia egli svolse un piccolo o non discernibile ruolo nell’intensa e prolungata lotta guidata dall’Imam Khomeyni e dai suoi compagni che culminò nella Rivoluzione Islamica del 1978-79 e nella fondazione della Repubblica Islamica dell’Iran. Solo una volta Tabataba’i firmò un comunicato congiunto emanato da parte degli ulamà di Qum sulla questione del momento. Era nel lontano 1962, quando si unì ad altri otto firmatari nel denunciare i piani del governo per l’emancipazione delle donne. (20)

Quando iniziò la Rivoluzione era troppo fragile fisicamente per parteciparvi anche marginalmente.

Tuttavia il ruolo di primo piano svolto da molti dei suoi studenti nella Rivoluzione indica che la condotta e gli insegnamenti che aveva trasmesso loro erano quantomeno compatibili con il sostegno al nuovo ordine islamico. (21)

Molti di essi vennero assassinati: l’Ayatullah Murtada Mutahhari nel maggio 1979; l’Ayatullah Muhammad Husayn Beheshti nel giugno 1981 e l’Ayatullah Ali Quddusi, genero di Tabataba’i e che aveva servito come Procuratore-Generale della Rivoluzione, nel settembre 1981 (22). (23)

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