Dovunque siano andati gli europei in Americhe, in Australia, in Africa ..., hanno mostrato questo atteggiamento: impadronirsi della terra, prendersi quanta più terra possibile e distruggere coloro che resistono.
Da mesi Israele bombarda pesantemente la Striscia di Gaza sostenendo di "distruggere Hamas". Non possono sconfiggere un’ideologia, se le tue terre sono occupate hai il diritto di resistere. Mentre l’occupazione continua, questa idea continuerà e verrà tramandata di generazione in generazione. Israele vuole costringere i palestinesi che attualmente vivono a Gaza ad andare in Egitto.
L'obiettivo di Israele è abbastanza chiaro. Israele cerca di creare uno stato ebraico separato in cui non ci siano né palestinesi né arabi. Vuole ridurre la popolazione palestinese nella Striscia di Gaza.
Ciò che stanno cercando di fare ora nel nord è creare una zona cuscinetto, un’area senza palestinesi, vogliono liberare aree come Jabaliyah e Beit Hanoun dai palestinesi. In questo modo pensano che non costituiranno una minaccia per Israele. La popolazione ebraica della Palestina nel 1917, quando la Dichiarazione Balfour portò all'indipendenza di Israele, era di soli 56.000 abitanti. Quando nel 1922 fu istituito il regime del Mandato britannico, le porte furono completamente aperte agli ebrei e l’immigrazione continuò a un ritmo accelerato durante gli anni della guerra 1939-1945 fino al Piano di spartizione del 1947. Il loro numero ha raggiunto 665mila persone. La ragione di ciò era il protettorato britannico in Palestina a quel tempo. Ciò significava che l’Inghilterra era l’amministratore delegato, ma bisogna sottolineare che essere un sovrano non significa essere un proprietario. La sovranità non fu mai ceduta all'Inghilterra. Mentre la popolazione ebraica della Palestina aumentava con il sostegno dell’Inghilterra, gli arabi palestinesi furono espulsi dalla loro terra. Il numero dei rifugiati palestinesi nel 1948, quando Israele dichiarò la propria indipendenza, ammontava a più di 750mila persone.
Questo articolo è tratto dall'intervista del direttore di Middle East Monitor all'agenzia di stampa Anatolia.
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