AhlolBayt News Agency (ABNA)

source : Pars Today
martedì

11 giugno 2019

07:48:04
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Cosa succede in Sydan - 1

- Uno sciopero generale iniziato nella giornata di domenica ha rappresentato la risposta degli oppositori del regime militare sudanese alla violenta repressione scatenata la scorsa settimana nella capitale, Khartoum, e nelle principali altre città del paese africano.

(ABNA24.com) - Uno sciopero generale iniziato nella giornata di domenica ha rappresentato la risposta degli oppositori del regime militare sudanese alla violenta repressione scatenata la scorsa settimana nella capitale, Khartoum, e nelle principali altre città del paese africano.

Il Sudan è sconvolto da massicce proteste di piazza dal dicembre del 2018 che avevano portato alla rimozione del presidente Omar al-Bashir, al potere da tre decenni. Al posto di quest’ultimo si era installata però una giunta militare che sta cercando ora di implementare una durissima contro-rivoluzione con l’appoggio di potenti alleati stranieri.

Nel tentativo di mantenere in vita la rivolta e tra gli sforzi per ottenere una transizione democratica, le opposizioni sudanesi hanno cercato di paralizzare Khartoum e non solo, provocando la chiusura di uffici ed esercizi commerciali e di azzerare i servizi pubblici, tra cui i voli in partenza dall’aeroporto internazionale della stessa capitale.

Le proteste sono coordinate ancora una volta dal sindacato dei Professionisti Sudanesi (APS), parte dell’alleanza di opposizione civile riunita nelle Forze per la Dichiarazione di Libertà e Cambiamento (FDLC). I suoi leader hanno invitato la popolazione a mettere in atto una “disobbedienza civile” contro il Consiglio Militare di Transizione (CMT), con l’obiettivo di costringere i militari a consegnare il potere a un governo civile che prepari la strada a nuove elezioni in un clima finalmente democratico.

La nuova iniziativa dell’opposizione sudanese arriva dopo l’intervento dello scorso 3 giugno di una milizia paramilitare che aveva smantellato con estrema violenza un presidio di protesta di fronte al ministero della Difesa. Con la scusa di arrestare trafficanti di droga che operano solitamente in un’area adiacente, le forze di sicurezza erano state protagoniste di un vero e proprio bagno di sangue. Secondo un’associazione di medici sudanesi, i morti erano stati almeno 118, molti dei quali ripescati dalle acque del Nilo, dove erano stati gettati dai militari per non essere ritrovati e riconosciuti.

I feriti ammontavano invece a quasi 800 e numerosi altri morti si sono poi contati nei giorni seguenti a causa di sporadici scontri a Khartoum e in altre città. Per impedire una nuova mobilitazione popolare, le autorità hanno inoltre bloccato l’accesso a internet, così da rendere complicato il coordinamento tramite i social media, come era avvenuto con successo nei mesi precedenti.

A guidare la repressione della settimana scorsa erano stati gli uomini della cosiddetta Forza Rapida di Supporto (FRS), distintisi oltre un decennio fa per i metodi brutali adottati nella regione del Darfur, quando era una milizia nota col nome di “Janjaweed”. La FRS continua a controllare le strade di Khartoum ed è comandata dal famigerato generale Mohamed Hamdan Dagalo, soprannominato “Hemedti”, formalmente numero due della giunta militare al potere ma ritenuto il vero leader del regime nato dopo la deposizione di Bashir.



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